La manifestazione che premia l’impegno e la passione dei giffonesi giunge alla sua undicesima edizione. L’appuntamento è per domenica 28 ottobre, alle ore 18 e 30 nel Complesso Monumentale San Francesco con GIFFONI DAY 2018.
La manifestazione che premia l’impegno e la passione dei giffonesi giunge alla sua undicesima edizione. L’appuntamento è per domenica 28 ottobre, alle ore 18 e 30 nel Complesso Monumentale San Francesco con GIFFONI DAY 2018.
Sabato 27 Ottobre alle ore 18.30 lo storico dell’arte Michele Danieli vi parlerà approfonditamente di uno del luoghi più belli del nostro paese. Vi aspettiamo presso la Congrega della SS. Immacolata per indagare sugli “Episodi del Barocco a Giffoni”!
Vi invitiamo a partecipare, il giorno 22 settembre alle ore 19.30, al vernissage di ÆQUA NOX, prima Mostra di Arti Visive Decontemporanee. La mostra è a cura di Maurizio Barrés e organizzata con la supervisione di Angelo D’Amato.
Le opere saranno esposte dal 22 al 29 settembre nel complesso monumentale S. Francesco.
Per l’inaugurazione si è scelta la data dell’equinozio d’autunno per sottolineare una demarcazione dicotomica del pensiero sull’arte con lo scopo di aprire un dibattito tra l’arte contemporanea e la necessità di un ritorno alle Regole dell’Arte.
Il bisogno di riscoprire le proprie radici e di sentirsi a casa è da sempre un valore importante per ognuno di noi. Lo è stato anche per questa famiglia Argentina che si è sentita in dovere di commemorare la mamma Antonietta Lambiase, lo zio Vincente Lambiase ed i nonni Antonia Di Vece ed Emilio Lambiase. Originari di Giffoni, sono emigrati in Argentina nel 1948 ed hanno sempre cercato di tornare nel loro paese nativo senza essere in grado di farlo.
Per questo è stato un onore per noi e per il comune di Giffoni Valle Piana riuscire a colmare questo vuoto attraverso l’affissione di questa targa volta al ricordo della storia della loro famiglia.
…..”La veduta era estesissima a noi intorno, e dappertutto veramente – dai poggi irpini ai contrafforti romani, dall’acuminato Vesuvio all’ampio Vulture sorridente, sui monti e valli di mille colori, fra cielo e mare di una sola tinta cilestrina – dappertutto regnava dolcissima una quiete serena e splendeva ineffabile una luce tersa e dorata; una luce benigna, che dava all’animo non so che impressione profonda di calma e di riposo.
Era una di quelle immense vedute così frequenti sull’alto Appennino, che distraggono più che non sogliono richiamare o fissar l’occhio: solo la Celica, l’area, l’arditissima Celica fatta a mò di forca, attirava distinta lo sguardo a cinque miglia in linea retta e, come tutte le altezze solitarie flagellate dai venti, s’imponeva maestosa e solenne. Ed a quel modo che l’occhio, anche il pensiero errava qua e là a caso. Mi sovviene tuttora di certe ultime catene di monti, sfumanti e ondeggianti quasi nuvole all’estremo orizzonte, che mi davano come una vaga sensazione di quell’ingnoto di quell’interminabile di quell’infinito che tanto affatica la mente; e tutti quei dossi della giogaia sottostante, rigogliosi di selve quasi vergini o intatte, raffiguravano per avventura alla fantasia l’avida gioia dei primi emigranti, l’ansia dei primi scopritori di una terra sconosciuta, che dal monte corressero alla valle pieni di gioventù e di speranza […]
si lega, disgiunta soltanto dalla boscosa vallata di Cava de’Tirreni, tutta la catena de’ monti Lattarj, i Lactarj de’ romani, che sporge a testa levata tra un golfo e l’altro fino a far punta d’innanzi all’isola di Capri……Eppur non c’è contrada per tutto l’Appennino che sia più accidentata in rapporto allo spazio; nessuna certamente che abbia nel tempo stesso tanta mestà di monti e tanta bellezza di marine. […]”
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